DEGRADO URBANO E CULTURA DELLA SICUREZZA

a cura di Felice Ferlizzi

(Relazione tenuta il 21.11.2017 presso l’Università di Perugia al Convegno”Co-housing. Un modello per Terni”)

Sappiamo bene che la sicurezza è un tema con cui l’essere umano si è sempre dovuto confrontare, al punto da aver assunto questo , via via nel tempo, un’importanza tale da coinvolgere il mondo scientifico con dibattiti e conferenze finalizzati all’individuazione di strategie e soluzioni innovative per innalzare sempre più gli standard di sicurezza.

Ma perché tutto questo?

La risposta direi che è molto semplice ed è racchiusa nella etimologia stessa del termine “sinecura”, ovvero senza preoccupazioni, rimuovendo così negli individui quel timore che possa verificarsi un fatto spiacevole o doloroso.

Oggi i cittadini chiedono con sempre maggiore insistenza strade sicure, parchi ben curati dove trascorrere il proprio tempo libero, tutto videosorvegliato e ben illuminato, a cui aggiungere una significativa presenza delle FFOO che consenta , in un concetto di sicurezza reale e percepita di vivere a pieno gli spazi delle nostre città.

Al contrario, il filmato non fa altro che riproporci, in tutta la sua realtà, il problema del degrado urbano, che sappiamo bene essere inversamente proporzionale alla c.d. qualità della vita e che costituisce quel humus ideale per l’insorgere di fenomeni criminosi.

Assistiamo infatti sempre più spesso e, non soltanto per le periferie delle grandi metropoli, ad un diffuso deterioramento ambientale e sociale delle nostre città dovuto, inevitabilmente, anche a significativi mutamenti sociali, con sovraffollamento caotico di alcuni spazi da un lato e al conseguente spopolamento di altri.

Parliamo cioè di quelle province italiane che, per le loro dimensioni, abbiamo sempre definito, quasi vantandocene, a “dimensione umana” e proprio per questo capaci di offrire ai propri cittadini un’elevata qualità della vita, di cui la sicurezza ha sempre costituito uno dei presupposti fondamentali.

Prendendo spunto dal filmato scopriamo che Jane Jacobs, già agli inizi degli anni 60, con le sue teorie raccolte nel saggio critico“ VITA E MORTE DELLE GRANDI CITTA’”, affronta questi temi riferendosi ai modelli di sviluppo urbano delle città nordamericane, puntando il dito soprattutto verso quella incapacità da parte degli addetti ai lavori di comprendere le complesse dinamiche che legano individuo e spazio fisico; dinamiche divenute con il passare degli anni sempre più convulse
come le nostre comunità urbane, che Bauman definisce addirittura liquide.

Purtroppo, sappiamo bene che questi temi ancora oggi sono ben lontani dall’essere risolti, città capaci di raccogliere qualsiasi forma di illegalità ed al tempo stesso sorde ed inerti che stanno via via perdendo la gradevolezza dell’ambiente, incapaci di dare risposte adeguate alla domanda di sicurezza dei cittadini nonostante l’ingente apparato di sicurezza e le risorse economiche investite.

Nonostante gli sforzi profusi, non disgiunto da un profondo processo di modernizzazione che ha avuto origine con la legge 121 del 1981, con cui ha voluto rafforzare le funzioni delle autorità centrali e periferiche di Pubblica Sicurezza, sappiamo bene quali e quante difficoltà incontrino oggi questi ultimi nel dare alle collettività risposte adeguate ed economicamente sostenibili sul tema della sicurezza, in quanto, sull’argomento giocano un ruolo significativo anche le sensazioni e le
impressioni dei cittadini e , con il passare degli anni, anche i timori, ovvero la paura che si prova di fronte a qualcuno o qualcosa che non rientri nei soliti parametri della nostra vita quotidiana.

Oggi infatti, sempre più spesso, sicurezza reale e sicurezza percepita non percorrono contestualmente strade parallele a vantaggio di quest’ultima soltanto perché il più delle volte si è superata quella comprensibile soglia tracciata dalla prudenza, favorendo così un ingiustificato senso di insicurezza che ci porta a non fare qualcosa, vuoi per episodi di criminalità che ci hanno particolarmente colpito ma anche perché intimoriti da certe forme importanti di degrado urbano.

Ma allora quale soluzione ad un tema così complesso?

Credo che la verità stia nel fatto che la sicurezza assoluta non esiste e che tantomeno possa essere fabbricata; essa è il frutto di un percorso, di una strada da percorrere insieme, pubblico e privato, dedicandovi le migliori professionalità in quanto è soltanto così che potremo accrescere gli standard di sicurezza delle nostre città.

In tale contesto va vista l’attività posta in essere dal legislatore fin dal 2008, il quale ha ravvisato l’esigenza di creare un esaustivo quadro normativo di riferimento con cui attribuire al sindaco nuovi poteri in materia di sicurezza urbana.

Si è voluto in altre parole riconoscere al Primo cittadino, la potestà di intervenire per prevenire e contrastare tutte quelle situazioni urbane di degrado e di isolamento, che, come già detto, favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi creando così migliori i presupposti per una maggiore integrazione delle FFPP con il tessuto sociale in cui operano.

Oggi infatti il sindaco, qualora vengano trattate questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali, siede unitamente al Questore e ai Comandanti provinciali delle FFOO al tavolo del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica presieduto dal Prefetto con cui assolve alle proprie attribuzioni di autorità provinciale di pubblica sicurezza.

Consapevoli che la sicurezza viene ormai considerata un vero e proprio diritto sociale oltre che un imprescindibile presupposto di sviluppo, quanto fin qui esposto evidenzia, come la gestione di temi così importanti necessitino di specifiche professionalità, in un costruttivo confronto con il cittadino, in una logica di “sicurezza partecipata”.

La lunga esperienza maturata sul tema, fa comprendere che quanti vorranno operare in questo particolare ambito professionale, dovranno possedere un know how di alto profilo, tenendo presente che non sarà sufficiente un approccio esclusivamente nozionistico .

Raccolta e studio di dati e fenomeni da cui far discendere adeguate strategie e piani operativi destinati al “ controllo del territorio” finalizzato a prevenire i pericoli e le paure delle nostre città, in un costruttivo rapporto di fiducia con la collettività in continua trasformazione, nella consapevolezza che “…gli uomini sono circondati dal rischio per tutta la durata della loro esistenza…”

Nonostante si possa affermare che ottimali appaiono gli standard offerti dal sistema pubblico istituzionale, ampi spazi sono oggi nella disponibilità del settore privato, ovvero di quanti operano nelle c.d. Sicurezza Sussidiaria o Complementare , nei confronti della quale anche l’Unione Europea ha dimostrato particolare interesse.

Sarà dunque necessario impegnarsi per formare, a tutti i livelli, professionisti qualificati, animati da passione e dedizione, in grado di rispondere adeguatamente alla pressante esigenza di sicurezza, capaci di contrastare così il dilagante clima di sfiducia attraverso un bagaglio di conoscenze e capacità tali da consentirgli di affrontare, nella complessa società moderna pericoli e semplici minacce, indifferentemente che si operi nel settore pubblico o in ambito privato.

W. Churchill diceva: “Sperare nel futuro è inutile, il domani può essere favorevole o contrario. L’unica cosa che conta è arrivarci preparati e l’unico modo è farlo in anticipo.”

Dovremo quindi formare professionisti che sappiano interloquire, per un concetto così duttile come la sicurezza, con le diverse componenti della società, al fine di gestirne in maniera ottimale le relative problematiche.

La sfida alla quale non ci si può sottrarre, in definitiva, sarà quella di garantire un’offerta formativa adeguata, che tenga conto del progresso scientifico e tecnologico, attraverso l’istituzione di percorsi didattici di alto profilo tra cui ricomprendere quelli universitari per security manager, ovvero di professionisti in grado di valutare e gestire anche le sfide dell’innovazione tecnologia e dell’internazionalizzazione dei mercati.

Felice Ferlizzi

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